M. Scott Peck
Ideatore del Community
Building e fondatore della F.C.E (fondazione per l’incoraggiamento
della comunità). Psichiatra e psicoterapeuta di fama internazionale,
insignito di vari riconoscimenti per la sua attività di pacifista.
Autore di numerosi saggi che hanno appassionato miglioni di lettori
in tutto il mondo; tra i più significativi ricordiamo Voglia
di bene, best seller pubblicato negli anni
‘70) e Vivere di pace in
cui tratta specificamente il tema della comunità e del community
building (entrambi editi da Frassinelli).
Alcuni passi ci ricordano
il suo pensiero:
“Nelle vere comunità in
cui ho partecipato saranno state prese più di un migliaio di
decisioni di gruppo, eppure non ho mai assistito a una votazione. Non
intendo con ciò dire che si possa o si debba smontare l’impianto
democratico, né che vada abolita l’organizzazione. Intendo
soltanto che una comunità trascendendo le differenze individuali va
normalmente al di là della democrazia.
Esiste un’unica parola
per definire questo processo di trascendimento: ‘consenso’. In
una vera comunità si arriva alle decisioni soltanto attraverso il
consenso, mediante un processo che non è molto diverso da quello che
ha luogo in una giuria cui è ufficialmente richiesto di decidere
all’unanimità. E tuttavia come è mai possibile che un gruppo in
cui è incoraggiata l’individualità, in cui fioriscono le
differenze individuali, possa arrivare al consenso?
Anche se sviluppassimo un
linguaggio più ricco per descrivere i meccanismi di una comunità,
dubito che troveremo mai una formula per definire il processo da cui
scaturisce il consenso.
Questo processo è di per
sè un’avventura in cui è intrinseco qualcosa di mistico, quasi di
magico.”
(Vivere di pace,
pag.55)
...La resa emozionale di
un gruppo, può essere, proprio come la morte fisica di alcuni
individui, rapida e serena o protrarsi in una lunga agonia. Tuttavia,
improvvisamente o per gradi, tutti i gruppi a cui ho partecipato sono
riusciti alla fine a completare, a portare a termine questa morte.
Tutti hanno dovuto attraversare il vuoto,
il tempo del sacrificio, per raggiungere la comunità, lanciando uno
splendido messaggio allo spirito umano.
Questo messaggio ci dice
che nelle giuste circostanze e grazie alla conoscenza di regole
precise, a livello simbolico, ma non meno reale, noi essere umani
siamo capaci di morire gli uni per gli altri.
( idem
pag.97)
... Paradossalmente,
quindi, un gruppo di persone acquista la capacita di curare e
convertire soltanto quando i suoi membri hanno imparato a smettere di
cercare di curare e convertire.
Una comunità è un luogo
sicuro proprio perché nessuno tenta di curare o convertire gli
altri, di metterli a posto, di cambiarli. Al contrario, i suoi membri
si accettano per quello che sono. Ciascuno è libero di essere se
stesso e grazie a questa libertà può abbandonare le proprie difese,
la propria maschera, i propri travestimenti. In questo modo ciascuno
è libero di cercare il proprio equilibrio psicologico e spirituale,
libero di realizzare se stesso in tutta la propria interezza e
santità.
(pag.60-61)
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