Si accorse che il destino ancora una volta li aveva portati là, riconobbe il luogo e vide la porta d'oro illuminata dal sole.
Preso dall’entusiasmo provò a spingere, anche se sapeva bene quanto fosse inutile; cercò allora la chiave e la vide, ma non poteva alzarla da solo e nemmeno girarla nella toppa i giri necessari: tre volte a destra e poi avanti, e poi due a sinistra.
Cercò dunque aiuto, ma era come se il vento portasse via le parole, non riusciva a comunicare coi compagni: "ecco... siamo arrivati”, provò a dire, ma vide che tutti erano girati da un' altra parte e la sua voce era flebile. Riprovò di nuovo “siamo arrivati, l’abbiamo trovata, è la porta d’oro, ne avevamo parlato, vi ricordate?”
Era come se parlasse al vento, come se le parole svanissero nell’aria prima di raggiungere le orecchie.
Sapeva bene che tutto, tutto era là, dietro quella porta; tutti i sogni, tutte le speranze, tutte le risposte. Dietro quella porta c'era tutto ciò che gli uomini stanno cercando da sempre; il senso e l’origine della vita. Sapeva che gli uomini erano stati generati in quel luogo, venivano da là e là sarebbero ritornati, e questo era sicuro come una freccia che lanciata verso l'alto sicuramente ricadrà sulla terra. Improvvisamente sentì un dolore profondo; il cuore, che prima stava palpitando di gioia divenne pesante e affannoso, ebbe paura, sentì che la paura aveva il potere di portarlo via.
La paura generò un senso di colpa potentissimo: "è colpa tua, hai sbagliato" gli urlava feroce nelle orecchie, ma conosceva bene quella voce, e sapeva che questa volta non l’avrebbe ascoltata.
Cercò il respiro e si rifugiò in esso, come un bambino che si aggrappa al seno della madre. Vide che era solo, gli altri si stavano già allontanando, tornavano a valle. Era stata una splendida giornata, erano felici e tornavano con gioia alle loro cose; alla famiglia, al lavoro, alle loro occupazioni quotidiane.
La paura divenne fortissima, l'avvolse un senso profondo di solitudine; guardò verso il bosco, era autunno, le foglie cadevano dagli alberi girando allegramente su se stesse, come coriandoli. Il sole scendeva lentamente colorando le nuvole e il cielo, alcuni raggi limpidi sprigionavano una luce potentissima. La porta d'oro risplendeva, luminosa come uno specchio.
Immaginò, aveva molta fantasia, che una fata fosse uscita dal bosco e fosse venuta in suo soccorso; il cuore ritornò leggero e un sorriso lieve rigenerò le labbra. Salì su una roccia e si sporse, i compagni erano ormai lontani, pensò di chiamarli, ma quante possibilità aveva che lo sentissero? Se non lo avevano sentito quando erano vicini, come potevano sentirlo ora che si erano allontanati?
Molti dubbi apparvero nella sua mente. Era veramente quella la porta d’oro? Era lui in grado di presentare delle prove certe? E se non fosse altro che una fantasia? Una sua fantasia? Poteva rischiare di farli tornare indietro per nulla? Era come se la porta d’oro non fosse altro che un sogno, un’illusione.
Si avvicinò allora alla porta d’oro e provò a toccarla, ne sentì la consistenza, la superficie liscia perfettamente levigata, cercò un indizio, un segno, ma non trovò nulla.
Percepiva un ricordo vago, lontano. Sapeva di essere già stato in quel luogo, ma non aveva alcuna prova concreta; qualcosa che provasse l’esistenza di quel mondo, una prova certa.
Nulla, non trovò nulla. Il sole era ormai tramontato e anche la porta d’oro smise di brillare, non la vedeva più.
Si avviò allora verso valle, in cielo apparve la prima stella. Si era fatto tardi, allungò il passo e raggiunse i suoi compagni. “Dove sei stato?” gli chiesero. “ Oh, nulla, mi sono fermato a guardare il tramonto, è molto bello, a un certo punto ho avuto la sensazione... “ Stava per parlare della porta d’oro, ma poi si tacque, pensò che era una cosa troppo grande, si vergognò di credere a una simile leggenda. Se poi avesse detto “ma io l’ho vista, l’ho toccata”, sicuramente l’avrebbero deriso. Così, non disse nulla, e cercò di dimenticare, di convincersi che era stato davvero un sogno, uno scherzo della mente, una illusione. Ma per quanto si sforzasse, non riusciva a dimenticare, c’era in fondo al suo cuore una nostalgia, un profumo intenso, infinito.
Valdo Immovilli
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