vorrei condividere con voi una parte del mio contributo scritto al seminario organizzato dall'AMAP "Agricoltura di Montagna: l'abbandono e il ritorno" che si è tenuta alla Facoltà di Agraria il 30 Novembre scorso.
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Territorio e Comunità
Con
il termine territorio intendiamo una complessa interazione tra
ambiente società ecc. , da cui è difficile quanto sterile scindere
le diverse componenti specie quando se ne vuole immaginare e
progettare la gestione attiva.
Risulta
però evidente che in un territorio, in particolare in quello rurale,
esistono due principali driving forces: la popolazione e la
componente naturale. Questa suddivisione risulta necessaria
soprattutto perché queste due forze hanno spesso spinto in
differenti direzioni o comunque verso diversi equilibri.
In
particolare la componente naturale risulta in alcuni casi
completamente subordinata alla prima soprattutto la dove l'uomo,
grazie alla sua enorme disponibilità di energia fossile, ha lavorato
in sua contrapposizione fin quasi ad annullarla (vedi i deserti
artificiali creati dall'agricoltura intensiva).
La
questione diventa più complicata se distinguiamo tra popolazione
globale e popolazione locale. Per effetto della globalizzazione,
infatti la popolazione locale può essere meno determinante di quella
globale o in certi casi entrarvi in competizione (popolazione
locale Vs popolazione globale) proprio come abbiamo visto per il caso
precedente (natura Vs popolazione).
Si
potrebbe osservare che la popolazione locale, essendo maggiormente
legata (in alcuni casi intimamente) al sistema territoriale di
riferimento, ne percepisce direttamente e maggiormente i
condizionamenti i limiti ma anche la necessità di conservarne ed
accrescerne risorse ed opportunità.
Se
un tempo il meccanismo sopra descritto era sufficiente a garantire
una gestione duratura (quantomeno a medio termine) del territorio,
oggi è necessaria una maggiore consapevolezza per non incorrere in
situazioni difficilmente reversibili se non disastrose.
Questa
consapevolezza consiste da un lato nella conoscenza degli effetti
dell'azione umana sul territorio a breve, medio e lungo periodo ma
anche nella percezione del singolo come parte di una comunità che
abita e vive un determinato territorio e delle responsabilità
individuali e collettive che ne conseguono.
Pastorizia
agricoltura e selvicoltura devono rispondere all’esigenza espressa
e sentita della popolazione locale di manutenzione e miglioramento
del territorio (in particolare in termini di equilibrio ecologico) e
delle sue capacità di rispondere ai bisogni reali della comunità.
Se
la comunità riconosce tale necessità si chiederà come sia
possibile farlo al minor costo (economico ma più in generale
energetico) possibile e in maniera duratura.
Se
esistono i presupposti sopra citati è quindi necessario ricercare
illustrare e dimostrare la funzionalità e l’economicità di una
tecnica, una coltura ecc. piuttosto che di un altra, compito
affidato ai tecnici e alle istituzioni di ricerca e formazione ,ma
anche all'esperienza e all'osservazione quotidiana degli operatori.
Prendiamo
il caso della pastorizia in zone montante e collinari.
Sarà
senz'altro necessario dimostrare come del pascolo possa svolgere in
maniera efficace la funzione di controllo della componente vegetale e
della fertilità dei suoli e la sua maggiore efficienza rispetto ad
altri metodi quali quelli che si avvalgono per esempio di mezzi
meccanici.
Questo
è un passo importante ma non sufficiente. Un elemento
imprescindibile è infatti la consapevolezza da parte della comunità
che non solo il pastore non può pagare per gestire e migliorare la
terra ma se mai è la comunità a dover sostenere il pastore,
chiaramente non a fondo perduto ma tramite il consumo dei suoi
prodotti al giusto prezzo (ossia quello che li permette di svolgere
in condizioni umane il ruolo che la comunità gli riconosce).
Se
esiste come probabile una grande frammentazione fondiaria è
fondamentale che l’amministrazione locale si muova in maniera tale
da permettere forme di gestione associata facendo essa stessa da
garante e promuovendo la pianificazione e il monitoraggio di tale
attività.
Questi
sono i presupposti per un economia di scambio reale dove però sono
ben chiare e definite le parti e dove il pastore entra a pieno titolo
e con un ruolo di rilievo all’interno di una comunità.
A
conclusione di queste considerazioni la domanda è: esistono
ancora comunità o è possibile facilitare la creazione di uno
spirito/coscienza comunitaria la dove non c’è?
...
forse l'agricoltura civica potrebbe essere una delle risposte a questa domanda
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